Il Decreto Legge, nr. 19, del 25 marzo 2020, (anche “DL 19”), per certi versi, è passato fin troppo in sordina. Eppure il Presidente del Consiglio è riuscito in un sol colpo, sulla materia COVID-19, ad azzerare il potere di tutti i Ministri, di tutte le Regioni e di tutti i Sindaci.
Un coupe d’état? No, più semplicemente il Presidente ha drasticamente posto un argine alla disarmonica proliferazione di leggi e provvedimenti, sempre in materia di COVID-19, causata, in una manciata di settimane, dagli stessi componenti del proprio Governo e dagli Amministratori Locali, Sindaci e Governatori Regionali.
A margine della stretta operata dal Governo, resta solo uno limitato spazio operativo a favore del Ministro della Salute che potrà ancora “legiferare” ma solo se si dovesse trattare di situazioni di “estrema” urgenza e sempre che si tratti di questioni che il Presidente del Consiglio non abbia già trattato con proprio DPCM che, si chiarisce, prevarrebbe su tutto!
Ma la vera stretta colpisce il potere delle Regioni e dei Sindaci. Le Regioni non potranno più scrivere un solo rigo sul COVID-19 salvo nell’ipotesi in cui, assolutamente residuale, sia in atto una “specifica situazione sopravvenuta di aggravamento del rischio sanitario”. Il che, anche tenuto conto del tenue ottimismo generato dal raggiungimento del “picco” dei contagi, si traduce pro futuro in una sostanziale sterilizzazione del potere dei Governatori Regionali di legiferare in materia.
Peraltro, è fondamentale sottolineare che, anche nel caso in cui l’ipotetica Regione si dovesse trovare di fronte ad una “specifica situazione sopravvenuta di aggravamento del rischio sanitario” non potrebbe più incidere, in ogni caso, sulle attività produttive: cosa che fino ad oggi alcune Regioni hanno invece fatto adottando proprie regole, più restrittive di quelle del Governo.
Ne è un fulgido esempio l’ordinanza della Regione Lombardia nr. 514 del 21 marzo 2020 attraverso la quale sono state introdotte restrizioni ulteriori alle attività produttive rispetto a quelle imposte dal Governo nazionale: si guardi ad esempio, leggendo il testo, a quelle sulle attività di somministrazione di alimenti e bevande e di negozi H24. Orbene, per effetto dell’introduzione del DL 19, le Regioni non potranno più scrivere regole del genere e dovranno lasciare che la materia delle attività produttive sia trattata dal solo Governo. Non lascia adito a diverse interpretazioni, infatti, il testo del Decreto che sul punto ha previsto che i futuri provvedimenti Regionali potranno essere adottati “(…) senza incisione delle attività produttive e di quelle di rilevanza strategica per l’economia nazionale”.
Esautorato pertanto il potere delle Regioni sulle attività produttive è però il caso di domandarsi che fine facciano tutte quelle disposizioni regionali, proprio come quella della Regione Lombardia, che abbiano invece introdotto le suddette restrizioni (alle attività produttive) prima dell’avvento del Decreto Legge nr. 19.
Ebbene, ad avviso di chi scrive, le suddette disposizioni, a partire dal 26 marzo 2020, dovrebbero essere considerate radicalmente prive di efficacia giuridica. Ed a tale conclusione può giungersi non solo per armonia di sistema ma anche perché il potere che aveva consentito alle Regioni di incidere sulle attività produttive – mi riferisco all’art. 3 del D.L. nr. 6 del 23 febbraio 2020 – è stato abrogato proprio (e guarda caso) dall’art. 5, comma primo, lett. a), del novello Decreto Legge nr. 19 il quale, volendo completamente coordinare il quadro normativo, ha ovviamente sia disposto per il futuro sia, con l’abrogazione citata, disposto per il passato.
A tale lettura le Regioni più audaci potrebbero obiettare che il potere di incidere sulle attività produttive non risiederebbe solo nel Decreto Legge nr. 6 ma anche nell’art. 32 della legge 23 dicembre 1978, nr. 833, tentando così di mantenere in vita le restrizioni alle attività produttive già adottate ma, è bene affermarlo, anche tale via sembrerebbe essere stata preclusa dall’intervento del Governo.
Ci si riferisce nello specifico al comma terzo dell’art. 3 del Decreto Legge nr. 19 ove si legge testualmente che le la nuova perimetrazione del potere delle Regioni, ivi inclusa in particolar modo l’impossibilità per le stesse di “incidere sulle attività produttive”, deve altresì essere applicata “agli atti posti in essere per ragioni di sanità in forza di poteri attribuiti da ogni disposizione di legge previgente”. Una formulazione così ampia da comprendere tutto, sia la via del citato art. 32 l. 23 dicembre 1978, nr. 833, sia qualsiasi altra “scappatoia” che le Regioni volessero tentar di percorrere per mantenere in vita le proprie restrizioni alle attività economiche.
Il quadro di restrizione del potere Regionale sarebbe a questo punto chiuso, completo e senza falle.
Un’ultima parola va spesa sul potere dei Comuni rispetto al quale il Decreto nr. 19, se possibile, appare ancora più tranchant prevedendo, all’art. 3, comma secondo, che “I Sindaci non possono adottare, a pena di inefficacia, ordinanze contingibili e urgenti dirette a fronteggiare l’emergenza, in contrasto con le misure statali, né eccedendo i limiti di oggetto cui al comma 1”. Comma primo che contiene tutte le restrizioni alle Regioni già trattate nel presente articolo e che sono prese e applicate de plano anche a tutti i Comuni, anestetizzando così definitivamente anche il potere degli stessi e, come per le delibere delle Regioni, facendo decadere tutte quelle che, vigenti alla data di introduzione del Decreto nr. 19, si ponessero in contrasto con questo.
Insomma fra le riflessioni che dovrà lasciarci questa brutta esperienza del COVID-19 non può che esserci quella positiva di ritenere improcrastinabile l’avvio di un profondo percorso di ripensamento di tutte quelle politiche di decentramento, soprattutto sulle materie che la Costituzione prevede come concorrenti, che hanno soltanto moltiplicato la burocrazia, disperso energie ed affaticato il Nostro Paese.